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giovedì

Genitori omosessuali: intervista a Chiara Lalli, autrice di "Buoni genitori. Storie di mamme e di papà gay"

A cura della Dott.ssa Francesca Saccà, psicologa a Roma
«È troppo semplicistico ritenere che un bambino, per crescere in modo equilibrato, abbia bisogno della presenza di un padre e di una madre di sesso diverso. Nessuna ricerca scientifica dimostra che essere figli di omosessuali è pericoloso per l'acquisizione della propria identità di genere. La verità è che la società ha bisogno di tempo per adattarsi ai cambiamenti: basti pensare a quello che è successo 30 anni fa ai figli dei separati, che si sentivano a disagio e cercavano di nascondere la loro realtà. Adesso, invece, essere figli di separati è quasi normale" (Umberto Veronesi, 2006)
Nel 2005 L’American Academy of Pediatrics incaricò una serie di associazioni scientifiche e sociali, professionali e governative, di avviare uno studio mirato a esaminare la salute psicologica di bambini cresciuti con genitori omosessuali. I ricercatori passarono in rassegna tutta la letteratura scientifica reperibile.
I risultati delle ricerche dimostrarono che bambini cresciuti da genitori dello stesso sesso si sviluppano come quelli allevati da genitori eterosessuali. Più di 25 anni di ricerche documentano che non c’è relazione tra l’orientamento sessuale dei genitori e qualsiasi tipo di misura dell’adattamento emotivo, psicosociale e comportamentale del bambino.
Questi dati dimostrano che un bambino che cresce in una famiglia con uno o due genitori gay non corre alcun rischio specifico. Adulti coscienziosi e capaci di fornire cure, che siano uomini o donne, eterosessuali od omosessuali, possono essere ottimi genitori.
Buona parte delle obiezioni all’omogenitorialità si raccolgono attorno alla frase: “E’ contro l’interesse del bambino”. Così risponde L’American Psychoanalythic Association: "E’ nell’interesse del bambino sviluppare un attaccamento verso genitori coinvolti, competenti e capaci di cure. La valutazione di queste qualità genitoriali dovrebbe essere determinata senza pregiudizi rispetto all’orientamento sessuale".
In merito a questo delicato e così ancor poco dibattuto argomento è da poco uscito il libro “Buoni genitori. Storie di mamme e di papà gay" di Chiara Lalli, in cui si affrontano storie reali di genitori omosessuali.

Di seguito la mia intervista all’autrice:
- Chiara, in “Buoni genitori” ci racconti la storia di alcune famiglie formate da genitori gay. Come è nata l’idea di scrivere un libro su questo tema?
L'idea è nata tempo fa: senza conoscere famiglie gay e senza avere letto la letteratura relativa a questo argomento mi sono scoperta ad avere una opinione in merito. O meglio: un pregiudizio. Assimilato quasi per osmosi e identificabile con l'opinione prevalente, ma sbagliato. Il pregiudizio riguardava l'adozione gay. Ho cominciato a chiedermi: perché no? E non ho trovato nessuna ragione per il no, sia conoscendo le famiglie gay sia leggendo la letteratura, che smentisce tutte le condanne e le paure. I bambini crescono benissimo in una famiglia omosessuale se hanno affetto e cure parentali. Sono queste le condizione importanti, non l'orientamento eterosessuale.
- C’è chi sostiene che i figli nati da gay potranno crescere confusi o deviati. Ma i dati di altri paesi dicono altro. In base alla tua esperienza e ai tuoi studi cosa ci puoi dire?
Le condizioni importanti per la crescita di un figlio non riguardano l'orientamento sessuale o altri criteri formali, ma la qualità relazionale. Sono sempre esistiti molti modelli familiari: famiglie allargate, monoparentali, cogenitoriali. I fantasmi che si agitano contro le famiglie gay sono gli stessi che si agitavano contro i matrimoni interrazziali o contro il divorzio. “I bambini saranno devastati”, si diceva per mantenere le ingiustizie. I bambini devono essere coccolati e amati e questo non è garantito da nessun modello. Non deve però nemmeno essere escluso a priori. Sia chiaro: non si sta dicendo che le famiglie gay sono migliori delle altre. Sono famiglie come tutte le altre: possono essere felici, infelici, disattente o presenti. Non possono però essere condannate come intrinsecamente sbagliate. Questo sarebbe ingiusto e stupido.
- Nel tuo libro narri di storie reali di mamme e papà gay, quali sono state le tue emozioni nell’incontrare queste persone?
Mi sono sentita privilegiata nel conoscere alcune realtà familiari, e di essere accolta con disponibilità; la speranza di contribuire, spero, a farle conoscere senza essere invadente. Perché la conoscenza è il più potente mezzo per demolire pregiudizi e luoghi comuni.
Al contempo provavo un feroce disappunto nel ricordarmi il peso delle mancate tutele giuridiche che pesano su di loro. Mentre ci parlavo pensavo “Perché non dovrebbero avere gli stessi diritti di tutti gli altri?”. Era assurdo; è assurdo.
- Quali sono state invece le emozioni che hai potuto cogliere in loro e nella narrazione dei loro vissuti?
La rabbia di subire una discriminazione e la preoccupazione per i propri figli, per le mancate tutele giuridiche. L'allegria e la spontaneità di raccontarmi la loro “normalità”; la felicità di essere genitori e la consapevolezza di trovarsi ad affrontare quanto ogni genitore deve affrontare: la scuola, la piscina, gli amichetti, il motorino, le prime uscite. Banale, no?
- Ritengo che oggi l’informazione su questi temi sia fondamentale e che sia arrivato il momento che la società si interroghi anche su questioni importanti come queste. Tu quale messaggio vorresti che passasse attraverso il tuo lavoro?
Già contribuire a sollevare domande mi sembrerebbe un risultato soddisfacente: in genere ci si abbandona ai “secondo me” che, se indagati, sono scatole vuote. Molti di quanti giudicano non hanno mai incontrato una famiglia gay, non hanno letto nulla in merito eppure si sentono in diritto di prendere una posizione. Non ci hanno forse nemmeno mai davvero ragionato, perché se lo avessero fatto tante delle loro obiezioni cadrebbero di fronte al semplice buon senso.
- Chi sono nella società attuale i “buoni genitori”?
Quelli che curano i propri figli e che vogliono loro bene.
- Che definizione daresti oggi al termine “famiglia”?
È davvero difficile: pochi giorni fa un assessore alle pari opportunità mi ha raccontato che nei modelli presentati in comune c'erano 22 modelli di famiglie! Provo a cavarmela dicendo che è un concetto ampio, cangiante e che non può essere ridotto ad un unico modello. Che è costruito su un legame che non è esclusivamente genetico e sulla condivisione di alcuni interessi, immateriali e materiali.
Ogni esperienza, ogni storia, ogni incontro ci trasformano. Come la scrittura di questo libro ha cambiato Chiara?
Più che cambiato ha rafforzato la mia convinzione che sia doveroso non cedere agli argomenti di autorità (“è così perché lo dice lui”) e non lasciare che quanto si mormora si trasformi in una legge universale. Soprattutto quando questa superficialità implica il mancato riconoscimento di diritti fondamentali.
Un sincero ringraziamento alla Dott.ssa Chiara Lalli per la gentile collaborazione

La Dott.ssa Francesca Saccà, psicologa a Roma

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